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Hai mai sentito parlare della coltivazione idroponica? Te la spieghiamo noi! La parola deriva dal greco “hydor” (acqua) e “pònos” (lavoro). Essenzialmente è una tecnica di crescita vegetale fuori dal “classico” suolo.
Si tratta in realtà di un concetto antico, scoperto nel 1930, ma rientrato nell’uso quotidiano solo in tempi recenti. Esempi di questo tipo si possono ritrovare tuttavia nei giardini pensili di Babilonia e nelle coltivazioni dei popoli montani del Perù e del Mianmar, che realizzano veri e propri giardini sulla superficie dell’acqua.
Lo scopo di questa tecnica è di massimizzare la qualità vegetativa della pianta pur non disponendo di terriccio. Quest’ultimo infatti, quando impiegato, svolge esclusivamente la funzione di riserva di nutrienti e di supporto “fisico”, ma non è indispensabile se questi due compiti vengono svolti da altri substrati di crescita.
Se nell’idrocultura si parla infatti di piante acquatiche -che si sviluppano quindi autonomamente in laghi, bacini, piccoli stagni o comunque brevi corsi d’acqua- l’idroponica tratta piante che solitamente vengono coltivate a terra.
Le tecniche idroponiche si possono ritrovare anche nei giardini verticali esterni, molto in voga in questi ultimi anni, ma la realizzazione più frequente è quella da interno. E’ una tecnica ampiamente utilizzata da chi, ad esempio, vuole creare il classico “orto in casa”, ovvero per chiunque sogna di cibarsi con verdure prodotte autonomamente, ma non abbia un vivaio, una serra o un giardino per crescerle.
Può essere infatti attuata anche in zone sfavorevoli dal punto di vista climatico e condotta tutto l’anno perché in condizioni controllate e spesso con luce artificiale, liberandosi quindi dalle esigenze stagionali della specie.
In genere le piante maggiormente indicate per questo metodo colturale sono le piante da seme o da talea.
Esistono svariati kit per costruire un sistema idroponico. L’applicazione è tutt’altro che difficile: per le piante da seme, ad esempio, si utilizzano cubi di lana di roccia ben inumiditi con acqua e arricchiti con soluzione radicante. Spesso vengono impiegate anche argilla espansa o perlite.
La strumentazione di base solitamente è completata da una pompa a immersione con ossigenatore a tubicino, bicchieri in plastica resistente, tubi per l’annaffiamento e un eventuale timer per l’annaffiamento automatico.
Un vantaggio da non trascurare è che la somministrazione di nutrienti viene effettuata in maniera controllata, quindi senza gli sprechi tipici dei fertilizzanti, o le reazioni chimiche in presenza di pioggia o agenti atmosferiche, e di conseguenza senza inquinamento.
L’acqua può essere riutilizzata all’interno di uno stesso sistema idroponico, risparmiando quindi sui costi d’irrigazione, e la resa è elevata con maggiore forza da parte della pianta e minore vulnerabilità a malattie e parassiti.
In alcune piante, poi, la coltivazione idroponica è semplice come… bere un bicchier d’acqua, giusto per restare in tema! Nel nostro store potrete trovare un esempio: la Clusia, pianta che nel suo habitat naturale si trova come epifita, ovvero non radicata nel terreno ma insediata su tronchi o rami di alberi. Essendo già abituata a una crescita del genere, può essere coltivata all’interno di un semplicissimo contenitore di vetro. Per mantenerla è sufficiente riempire il vaso con acqua a temperatura ambiente, in modo che le radici rimangano appena sotto il livello dell'acqua. Per evitare sgradevoli segni calcarei sul vaso, si può utilizzare l'acqua in bottiglia (ovviamente non frizzante) invece dell'acqua del rubinetto.
La Clusia, pianta già inusuale di per sé grazie alla conformazione dei fusti e delle foglie, mostrerà così il suo aspetto più scenografico e vi consentirà di ammirare lo sviluppo delle sue radici!
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